Dal Fronte Moscovita

lunedì, settembre 18, 2006

Tutti hanno il loro Mausoleo, da?

C’è chi crede nella Ferrari, chi in Versace, chi crede nella Bibbia, chi crede nelle vacanze, chi crede nell’alcol, chi nelle sigarette, chi alla pubblicità, chi alle informazioni di seconda mano, chi a quelle dirette, chi nella guerra, chi nella pace, chi in sé stesso, chi nel prossimo, chi crede in internet, chi nella democrazia, chi nella “democrazia”, poi c’è chi crede che non ci sia nulla a cui credere là fuori. In ogni caso, un ideale di fondo c’è sempre.

Amen. Parola mia.

Questo era per introdurre la mia visita al Mausoleo di Lenin. Quattro giorni fa la temperatura era tornata sopra i 10 gradi, c’era un sole tiepido e mi sono svegliato presto. Lenin ti accoglie dalle 10 alle 13 e la Piazza Rossa è chiusa ai turisti. Alle 9:50 mi metto in coda, una coda ben diversa da quella di agosto, infatti in dieci minuti sorpasso il filtro di sicurezza. La Piazza è vuota, un po’ più in là quella piccola piramide rossa che aspettavo di visitare già da diversi anni.

Perché? Non per pellegrinaggio, forse più per una specie voyeurismo pop nel pianeta Mosca. Si tratta di vedere uno dei personaggi più controversi del secolo. Dittatore o Salvatore? Messia o Diavolo? Tutte le trame più avvincenti si basano su una lotta fra il bene ed il male e Lenin ha incarnato tutta questa lotta proprio in sé. Secondo gli altri.

All’entrata le guardie sono serie. Subito dentro la porta un guardiano indica con la testa di voltare a sinistra. Vedo scalini che scendono ma i miei occhi non si sono ancora abituati all’oscurità del Mausoleo. In fondo a pochi gradini vedo una divisa forse su un manichino, illuminata dall’alto. Faccio fatica a vedere i gradini neri nel buio e devo rallentare. Il manichino è in realtà un’altra guardia. Alla mia destra le scale scendono ancora, c’è silenzio e in fondo un altro soldato vigila. Arrivo a lui e c’è un passaggio sulla mia destra. Sarò sceso di qualche metro dall’ingresso e sto per entrare nella stanza del sarcofago. Gli occhi si stanno abituando lentamente ed entro nella sala. Una stanza in marmo nero, il soffitto è il negativo dei gradoni che si vedono all’esterno. Le pareti raffigurano una serie di bandiere rosse al vento, in pietra rosso sangue. Al centro della sala il sarcofago, alla mia destra delle scale salgono e portano a un piano rialzato quanto la bara di vetro. L’intento è di girarci intorno senza fermarsi. Lui è lì. Più basso di quanto pensassi, il viso serio, una mano aperta e una chiusa a pugno. Le punta delle dita più scure. Sembra una manichino, sembra ritoccato e verniciato.

Credevo che mi sarei emozionato o che sarei rimasto come lui –di stucco- alla vista del suo piccolo monumento. Invece niente. Lo vedo, lo scruto con la curiosità di chi va al museo di storia naturale, mi chiedo anche che cosa ci faccia lì e se avesse mai pensato di finirci. Cosa starà sognando? Ci guarda dall’alto e scuote la testa? Lenin, un altro monumento alla gloria di… cosa? Alla gloria di chissà che cosa, poi. Forse alla gloria delle Bentley che sfrecciano a 140 km/h sull’anello interno?

Cosa ci fa lì? Che legittimazione ha a stare lì? Prima di vederlo pesavo che rimuoverlo e seppellirlo sarebbe stato stupido e contrario, ora che ci penso, al diritto di essere guardoni. Ora che invece mi ha lasciato freddo mi rendo conto che forse è solo un altro di questi strani controsensi russi. Il Dio Lenin in quello che fu un paese ateo, in Dio Lenin che finge di essere Dio quando gli dei adesso sono i biglietti da “sto bucks”(cento dollari). Bah.

Controsensi come quando sono uscito dal Mausoleo per fare il giro sotto le mura del Cremlino, dove sono sepolte le personalità importanti dell’URSS. Ogni tomba ha la sua statua e i suoi fiori finti. Ma chi ha i fiori freschi? Quale sarebbe il più lieto controsenso? Esatto. I fiori freschi ce li hanno solo Stalin e Dzerzhinskij.