Dal Fronte Moscovita

mercoledì, settembre 13, 2006

Per lo stoico

Prevedibile è: in Russia una parte della società ragiona con la testa sovietica, un’altra parte in modo molto più vicino ai canoni europei.

Il primo può farti veramente girare le balle. Sembra davvero che una conversazione debba fondarsi su domande e risposte predefinite, redatte a priori e stampate in un manuale tecnico per la conversazione sovietica, con quote, tempistiche, inflessioni previste. Il tutto incorniciato da bollo, timbro e firma. Per cortesia, egregio passante, ragioni come un computer. Grazie!

Il produkty è l’alimentari di vecchia foggia. Si entra in una stanza e si è circondati da vetrinette-frigo con i prodotti freschi. Dietro di esse la venditrice, dietro di lei gli scaffali con gli altri prodotti. Il self-service non è concepito e bisogna chiedere. Con precisione però.

Un giorno voglio comprare una cosa che non c’è, tipo un microscopio a scansione fotonica, così entro e mi esprimo nel mio stentato russo.

“Drastvuitse! Mikroskop s fotonov skansija yests’?”

”Shto?” risponde la commessa, aggrottando la fronte.

“Mi-mikroskop… fotonov skansija…” azzardo.

“Niet, niet! Niet! Nie yests’! Pachimu...“ Aggiunge altri vocaboli strani, lunghi e dall’atteggiamento solo vagamente bellico, facendomi capire che non ho letto il manuale per l’acquisto nei produkty. In più scuote la testa ed evita il contatto visivo. In pratica mi caccia verbalmente fuori dal suo contesto anacronistico come anomalia non prevista. Cacciarmi è come premere il Tasto Normalizzatore che rimette in armonia la situazione. Situazione in cui un uomo può entrare, comprare latte e pilmini e andarsene.

Esiste un Tasto Normalizzatore in Russia e ne ho fatto esperienza settimane fa. Mi sono trovato a fare la spesa senza aver controllato di avere soldi a sufficienza e mi sono trovato alla cassa questa situazione:

La commessa mi parla in russo con tono penetrante, come se volesse parlare ad una stanza insonorizzata dentro di me. Io continuo a far capire che deve parlare più lentamente perché non ci capisco una fava. Lei annuisce, è giovane e quindi sorride, poi continua a parlare in russo. Capisco solo Malchick (ragazzo). Le cose sono imbustate e io vorrei toglierle d’impiccio e metterle sul tavolo là vicino ma lei si volta e si rivolge al tizio della sicurezza, un cinesone alto e butterato, ma tutto sommato innocuo. Questo si volta verso gli armadietti (non si può entrare con borse e zaini nei supermercati), ne spinge indietro un blocco che rivela un tasto segreto sulla parete. Lo preme. Arriva una donna che prende un carrello e lo mette tra la cassa e noi, poi prende i sacchetti, li mette lì dentro e li cura. Azzardiamo a soluzione, cioè che io sto qua e Alberto va a prelevare. Soluzione accettata. La donna del carrello inserisce una chiave nel calcolatore di cassa e fa passare avanti il prossimo cliente, che ci sorride. Gli altri impassibili.

Dopo aver pagato i sacchetti ci vengono riconsegnati e l’atmosfera ritorna normale.

È difficile da spiegare, ma alcuni di questo Tasto ne hanno bisogno. Ieri sera dei suonatori ambulanti si sono messi a litigare per strada a voce alta. Poco dopo un flusso di persone ne annulla la vista e il rumore. Come mai? Qualcuno ha premuto il tasto. Tipo Men in Black, tipo The Truman Show. Succede spesso, è strano e robotico.

Concludo con l’esempio sovietico più caratteristico. Siamo andati alla banya, quella storica e più famosa, quindi anche più turistica. Inglese, zero. Vabbè non importa, dopo sei settimane il russo che parliamo ci basta. Ci indicano di portare le cose di valore al guardaroba, amministrato da un signore panzuto e anziano. Riempiamo la borsa della macchina fotografica di Alberto dei nostri telefonini e portafogli. Il guardarobiere è sempre più impaziente. Fa capire di muoversi. Gli facciamo capire che vorremmo una busta ma no, sempre più impaziente. Alla fine infiliamo dentro tutto, o meglio infilziamo dentro tutto, cercando di chiudere la lampo e il vecchietto non ne può più. Chiusa la borsa, Alberto gliela vuole dare, il vecchietto dice qualcosa, Alberto non capisce, il vecchietto gliela strappa di mano e la schiaccia sul bancone sbraitando. Poi sembra che stia aspettando che una colla inventata si solidifichi tra borsa e ripiano. Ci fa firmare con stizza.

Ma al ritorno, dopo due ore di banya rigenerante con ben pochi altri clienti torniamo al guardaroba con lo stesso signore che ci riconosce subito. Lo salutiamo indicandogli la borsa e lui ci dice di andare a prendere la ricevuta firmata. Va bene, giusto. Andiamo a prenderla e gliela diamo e lui… confronta le firme su ricevuta e copia carbone!

Regole!

Queste cose fastidiose succedono spesso ma vanno prese per un problema di chi si comporta così e bisogna cercare di lasciarsi scorrere addosso questi momenti. Un posto come la Russia non è consigliabile come primo viaggio fai-da-te, poiché questo insieme di apatia e burocrazia scontrosa possono davvero far impazzire di rabbia. Non bisogna rimanere scossi, ma perseverare con pazienza.

Tra la altre cose, molto spesso il tono sembra scontroso e arrabbiato, ma i contenuti proprio il contrario. Come dicevo qualche post fa, questo paese è un casino della madonna. A volte un videogame schematico, a volte un’avventura nel calore delle emozioni. A volte vorresti spaccare tutto, altre volte anche, ma poi capisci che così non ripari niente. Penso che la cosa principale che si impari qua è come raggiungere l’indipendenza emotiva da cose e persone, senza fermarsi –però, e qui viene la cosa difficile- al rimanerne distaccati.

3 Comments:

  • eh... è un problema che c'è anche qui, anche se in misura minore. Ho scritto qualcosa a riguardo nel mio blog : i ristornati. Ragionano come catene di montaggio fiat negli anni 50. In diverse situazioni chiedendo qualcosa di non previsto a priori ottieni come risposta uno sguardo esterrefatto. Qua però i russi li odiano, ma li odiano a morte, e soprattutto i più giovani mi danno l'idea di voler cambiare certi schemi e atteggiamenti, perchè tale sistema gli puzza di russo sovietico...

    By Blogger paolo, at 5:34 PM  

  • "..io ritengo, capisci, che qui da noi in Russia abbiamo alle spalle una grande responsabilità. Il cane dorme proprio qua."
    "E dove esattamente?"
    "Ovunque" rispose Farsejkin."Quando si dice che dorme tra le nevi è solo una metafora. Ma il fatto che in questo ultimo secolo sia stato più volte sul punto di svegliarsi non lo è."
    "E allora perchè continuano ad abbassarci la frequenza?"
    Farsejkin allargò le braccia.
    "superficialità umana" commentò. "Considerazioni contingenti, miope visione del futuro. Ma non ce l'abbasseranno mai completamente, non temere. Controllano tutto scrupolosamente.."

    _detto così suona un po' inquietante. O forse solo incomprensibile.. va beh.
    un bacio al vagabondo!_

    By Anonymous Anonimo, at 12:58 PM  

  • Un po ostico, ma proprio vero! Il cane dorme proprio qua, almeno questa e' la loro convinzione!

    By Blogger Jan, at 3:55 PM  

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