Dal Fronte Moscovita

martedì, settembre 26, 2006

Attenzione, chiusura porte, prossima stazione: ma è davvero così importante?

Questi ultimi due giorni sono stati intensi, intensissimi. Tanto intensi che comincio già a sentirmi strano (strano: vocabolo interpretabile).

Alberto sta facendo la valigia, la casa comincia a sbiadirsi, io comincio a vibrare sempre di meno. Sto arrestando il sistema, sto richiudendo questa esperienza nel compartimento stagno, sto appendendo tutti questi ricordi a forma di quadro sul muro di quella stanza, quella in cui entrare quando ti serve conforto.

Non sono triste, sono in partenza. Sono uno che viaggia leggero, io. Si, raccontatela come vuoi, sei rovinato, caro mio. Adesso hai un altro paragone con Milano, sei destinato alla depressione. No, non è vero, non sono di quel tipo di uomini tristi. La tristezza è tristezza invece. Sei triste perché non sai adattarti e non corrispondi alla tua immagine di tè stesso. Sarai triste perché a Mosca eri il Rocket Man in esplorazione con scafandro e cordone di sicurezza, a Milano sarai addirittura di nuovo nell’utero. Mettiti in cuore in pace, Jan. No, non sono d’accordo e ti spiego perchè. Ci sono quelli tristi senza via d’uscita e quelli tristi a causa di una perdita di entusiasmo rispetto a cose che sono state smascherate proprio grazie alla possibilità di paragonarle ad a altro. Ma se paragono me stesso con me stesso, allora vedo una via d’uscita. Su questo posso darti ragione e smettere di fare l’avvocato del diavolo. Siamo tristi quando osserviamo cose mutevoli, ma la cosa più costante, oltre ai concetti eterni, siamo proprio noi stessi.

La metrò sta arrivando, spinge il vento dall’odore di gomma e metallo caldo. I capelli si scompigliano e il Guerlain della ragazza angelica e dagli occhi furbi vicino a me mi investe misto a quello della galleria. Il treno stride e frena ed escono i russi, entrano gli italiani. La ragazza del profumo resta sulla banchina e mi saluta, mi dice che si chiama Mosca. Devo entrare perché mi spingono dentro.

La voce nella metrò ci avverte che le porte si chiudono e quale sia la prossima fermata. La prossima fermata ci serve nelle cose mutevoli, nelle piccole organizzazioni della quotidianità. C’è un poster russo che conclude la serie di manifesti sovietici. Si tratta di una fotografia di una scritta in caviale nero su fondo di caviale rosso che dice: “E vissero felici e contenti”.

















E vissero felici e contenti.

3 Comments:

  • Ogni pagina mi fa sognare, sei un drago! al prossimo viaggio mi porti con te però!bella

    By Anonymous Anonimo, at 7:57 PM  

  • che peccato che non sia riuscito a venirti a trovare...
    magari quando finirai chissà come in un'altra parte di mondo mi organizzo per tempo...

    By Blogger paolo, at 4:51 PM  

  • Ciao Jan, ho trovato questo nuovo blog(con qualche mese di ritardo..) e l'ho letto tutto, così dopo la lituania so qualcosa in più anche di mosca...
    spero tu stia bene...

    By Anonymous Anonimo, at 5:26 PM  

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