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Questo palazzo mi fa spaccare dal ridere ogni volta che ci passo davanti. Un parallelepipedo grigio, una specie di monumento tombale all’estetica, perfettamente anonimo e deserto. La scritta “Caffè”. Ma dove? In che senso caffè? Lo vendono o se lo augurano? O si chiama così il palazzo, una bottega del caffè sovietica, amichevole luogo di incontro di tristi funzionari? Non c’è mai nessuno davanti, mai. Non c’è mai luce, non c’è niente. È un altro palazzo grigio. Ogni mattina ci passo davanti e mi stanco di più.
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