Dal Fronte Moscovita

domenica, agosto 27, 2006

Notte Pulp

Dopo un mese di ospitalità, Mosca decide di rivelarci il suo lato oscuro, la zona d’ombra. E lo fa mettendoci in mezzo a una serie di eventi difficili da dimenticare. Quello che sto per scrivere non definisce Mosca, ne definisce una parte un po’ meno rosea dal punto di vista di una specie di turista quale sono.

La giornata comincia in modo shakespeariano, con una premonizione fortemente metaforica della serata. Sulla via per il lavoro, sui gradini di un ristorante accanto alla metrò Novoslobodskaya, giace un cadavere. Dal tendone utilizzato come sudario sbucano mani e braccia, un membro della milizia gli passeggia accanto meccanicamente. Nessuna transenna. I passanti sembrano non accorgersi che c’è un morto, un morto per strada, e continuano la loro vita, anche tagliando il percorso e passandogli a pochi centimetri dal braccio sinistro. Non me ne sarei mai accorto se non mi fossi girato per caso. La situazione sembrava normalissima.

Supero un manipolo di forze speciali del Ministero degli Interni (fanno paura) e mi reco al lavoro.

Questo trascorre liscio liscio, così alle nove siamo di nuovo a casa con un polletto arrosto preso al chiosco, sottomesso da una vagonata di salse caucasiche. Ringraziamo il chiosco 24 ore dell’Uomo senza Sonno (a qualsiasi ora del giorno e della notte è lui a lavorare) e cominciamo a prepararci per uscire. Il mio computer canta Rocket Man di Elton John, facendoci appurare che in effetti anche noi siamo tre rocket men; tutto il discorso sul pianeta Mosca torna.

Alberto propone un posto che pare molto bello, il Gazgolder. Già il suono del nome si fa onore, così usciamo. Fermiamo una macchina guidata da uno smilzo coi baffi, l’unico ad accettare solo 200 rubli. Quelli di prima ne volevano minimo 250 se non 300 e al nostro rifiuto se ne sono andati offesi.

Il Gazgolder si trova in una traversa di una traversa della circonvallazione, vicino alla stazione del treno Kurskaya. Sono le 1:30 della notte e la macchina, cartina alla mano, sfreccia sull’anello, poi volta a destra, si infila in una piccola autostrada sorvolata da cavalcavia, poi gira di nuovo, si inserisce in un vicolo buio. Non contenta, gira ancora una volta, portandoci in un vicolo bagnato e sconnesso, incorniciato da vecchie fabbriche ammaccate. È buio, non c’è in giro nessuno, solo due vecchie Lada campeggiano silenziose nel tetro ambiente.

Scendiamo dalla macchina alla ricerca del numero 5, trovando solo un vecchio barbone dalla faccia di cartapesta marrone, che inveisce biascicando contro l’aria. Poco più in là un parente dell’Uomo senza Sonno vende le stesse cose in un chiosco stile Lou’s Bar di Ritorno al Futuro. Chiediamo informazioni ma lui sembra non saperne nulla. Ci indica di andare a sinistra, ma siamo certi che non abbia senso. Procediamo. Raggiungiamo un localino incredibilmente folcloristico con facciata in neon e legno, con una coppietta di mezza età che chiacchiera davanti all’entrata. Chiediamo a loro. Lui è di un’ebbrezza potenzialmente amichevole, gli do due occhiate complici quando biascica un battuta in russo sulla sua donna e me lo faccio amico, senza naturalmente capire cos’abbia detto.

Il Gazgolder è senza dubbio là dove ci aveva detto il caucasico kitsch. Dietrofront.

Ci imbattiamo finalmente in un vicolo ancora più buio, ma paragonabile a un luogo por la fiesta visto il viavai di auto piuttosto belle. Seguiamo lo strombettio di clacson e la fila di macchinoni, convinti di esserci, finalmente, alle due del mattino, al benedetto Gazgolder. Da dietro la grossa BMW inizio a scorgere una massa discretamente grande di figure umane, un po’ nell’ombra e un po’ illuminate dai fari. Supero una pozzanghera evitando di farmi schiacciare da una macchina e raggiungo la massa di persone. Neanche l’ombra di una discoteca, solo tante ragazze. Sono tutte vestite un po’ male. Si vede che tentano di essere sexy e femminili, ma qualcosa non mi quadra avendo visto come vanno le persone a ballare. Fendo la folla di ragazze e con un mezzo stupore vedo che è solo una fila di persone. Subito dietro non c’è nulla. Altre pozzanghere, fabbriche tenute insieme per Provvidenza e alberi neri. Buio.

Mi guardo indietro e ho come la sensazione che qualcosa stia succedendo o sia appena accaduta. C’era una sorta di organizzazione nella disposizione delle persone. Il cordone di ragazze che ho superato era messo come se queste stessero osservando qualcosa che stava avendo luogo davanti a loro, esattamente dove –con una sicurezza da chi non vuole arrivare timido come un turista- siamo passati noi. Una rissa che si è fermata per caso esattamente in quel momento? Cosa sta succedendo?

Chiediamo a un guardiano notturno della fabbrica più vicina che ci dice di uscire dalla via per trovare la discoteca. A questo punto non capiamo più nulla. Torniamo verso il ring di persone. Lentamente le cose si fanno chiare, molto più chiare. La BMW di prima si è fermata davanti alle ragazze e le sta illuminando coi fari. Le ragazze sono più giovani di me, sono prostitute. E lo spettacolo non lo stanno guardando, esse lo sono. Passiamo in silenzio, stavolta fingendo la sicurezza di prima, perchè ci troviamo esattamente dove nessuno straniero dovrebbe trovarsi. Un bordello all’aperto. Prostitute e papponi. Clienti in macchinoni. Buio. Pozzanghere, 17°C, 77% di umidità.

Torniamo davanti al clone del Lou’s Bar. I barboni sono diventati due e parlano con un intermediario invisibile fra loro. Hanno i riflessi lenti e la luce li evita. Mi fanno impressione e pietà. Andiamo avanti, imbocchiamo un sottopassaggio di piastrelle verde acido. Il passaggio è lungo e in fondo vediamo un corpo disteso per terra. Tutti ripensiamo a stamattina, ma è solo un altro barbone che dorme sul pavimento di cemento. Che pavimento.

Il passaggio si divide in due e si riunisce in un altro tunnel identico ma perpendicolare. Dei cartelli indicano dei binari. Nel cuore della notte siamo riusciti ad arrivare in un posto ancora più pericoloso, una stazione dei treni. Torniamo subito indietro, un odoraccio graffiante ci avverte che stiamo superando il barbone di prima che non fa una piega nonostante il ticchettìo dei nostri piedi e il tunnel illuminato a giorno. Incrociamo un ragazzo dall’aria normale che però ci dice delle cose in modo scontroso. Gli rispondo che non so nulla e andiamo avanti. Quello si offende e dice ancora qualcosa. Quando mi giro è scomparso. Senza rumore di passi.

Tornando molto indietro a piedi troviamo finalmente un locale umano, popolato da umani. Il guardiano è gentile e chiama una ragazza per aiutarci. Le chiediamo dove sia questo ormai maledetto Gazgolder e lei fa orecchie da mercante dicendo che questo è l’Ikra e che c’è un DJ molto bravo e che se ci va possiamo pagare il biglietto ed entrare. Faccio orecchie da mercante anche io e le dico Ok, bello, ma lo sai dov’è il Gazgolder?

Ci fa cenno di seguirla e ci porta nella stessa via dimenticata da Dio ma non dalle pozzanghere, davanti a una porta nera, anonima, senza gente, chiusa. Anche lei sparisce. Strano vizio, stanotte, sparire.

Sul pianerottolo del palazzo una grande telecamera ci guarda in faccia, un citofono anonimo attira la nostra attenzione. Ormai cosa vuoi che succeda? Suono.

Silenzio. Poi la porta si apre e compaiono un uomo in camicia bianca con poco dietro una donna che dai contorni sembra bella ma che nel buio non riconosco. Ci chiede cosa vogliamo. Butto un’occhiata all’interno e gli chiedo “Eta Gazgolder?”, è qui la festa? Lui fa un cenno affermativo, così aggiungo “Ne rabotet?”, è chiusa? Stesso cenno. Lo saluto e decidiamo di andare lontanissimi da lì. Sul marciapiede opposto un miliziano chiacchiera e si intende con una ragazza prosperosa che potrebbe venire dal cordone di prima.

La prossima macchina ci deve portare al Mix, sono quasi le 4 del mattino. Non lo troviamo, così ci facciamo mollare in piazza Pushkin per dirigerci al Garage. Siamo in centro adesso. Questi non ne vogliono sapere di farci entrare senza la Carta Club (sto per impazzire, vorrei sbattergli in faccia la tessera dell’Auchan e dirgli “Servizi Segreti, Amico!” ma opto per le pive nel sacco). Ci spostiamo, lasciandoci dietro il Garage e un gruppetto di quindicenni alle prese con un sacchetto di colla.

La serata finisce al 30/7, un discobar fighetto tra Pushkinskaya e Chistie Prudy. Accanto a noi due ragazze hanno un atteggiamento molto, molto intimo, incorniciato da risatine isteriche. Poco dopo due ragazzi si avvicinano, si scambiano due battute con le ragazze e uno di loro salta fuori dalla finestra nel parchetto sottostante.

La serata finisce qui e torniamo a casa senza più il diavolo che ci passeggia accanto.

Non ho idea di come giudicare questa notte surreale.

4 Comments:

  • serata da brivido... ma siete matti? come fate a fidarvi di un gudatore che non conoscete e che vi da un passaggio. può portarvi dove vuole, secondo me vi è andata bene e dovrebbe essere una cosa su cui riflettere...

    By Anonymous Anonimo, at 10:39 AM  

  • sono assolutamente d'accordo!

    By Blogger Jan, at 11:01 AM  

  • jan, ti te se màt!

    un saluto ai 3 designer migratori

    By Blogger Cico, at 2:27 PM  

  • ciao jan!finalmente ho un barlume di tue notizie!io trovo la tua serata una figata, invidia x non esserci stata!leggere i tuoi racconti è sempre piacevole,scrivi molto bene.allora?come va li?mi sembra bene..io tornata da 2 gg in città..ma forse tra un po torno al mare una settimanina..dai scrivimi una mail e raccontami bene!
    un bacio e un abbraccio, Chiara

    By Blogger chia, at 2:02 PM  

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